| A questo insolito fenomeno sono state date varie definizioni: sdoppiamento, esperienza extrasomatica, proiezione astrale. In questi ultimi anni ci si è concordemente orientati sul termine « esperienza fuori dal corpo, abbreviata nella sigla OBE dall’inglese «Out of Body Experience ».Il fenomeno dell’uscita dal corpo è riportato spesso anche nell’agiografia cattolica (si parla allora di « bilocazione »: ne abbiamo parlato nel capitolo precedente); presso i popoli primitivi e i mistici indiani e tibetani pare che sia stato e sia relativamente frequente. L’esperienza della separazione dal corpo capita però, oltre che ai mistici e ai santi, anche a persone normalissime, prive di particolari doti spirituali, ed è stata riferita più o meno negli stessi termini da individui diversissimi fra di loro, in tempi e ambienti molto dissimili: e questa uniformità di descrizione conferisce valore alle testimonianze e le rende maggiormente attendibili..
Ecco dunque un caso tipico:
Era estate, una giornata afosa, ero disteso su un divano e leggevo. A un tratto sentii che mi assopivo, ma in me c’era una strana lucidità mentale e rilassatezza. Mi invase pian piano un torpore e tutto il corpo mi si irrigidì, tanto che il capo era reclinato sulla spalla destra e non riuscivo a girano. D’un tratto mi sentii sollevare dolcemente sopra il mio corpo disteso e rigido. Mi trovai accanto alla finestra, fluttuavo nell’aria, ero in posizione verticale e mi sembrava di muovermi al rallentatore. Un senso di pace e di gioia riempiva il mio animo, vedevo tutto più chiaro e luminoso, ma la stanza intorno a me non era mutata affatto. D’improvviso sentii, o meglio percepii, un « qualcosa », una presenza vicino, come se qualcuno mi stesse chiamando, ma non udivo la voce: era qualcosa di penetrante che « vibrava » dentro di me, dentro quel « nuovo corpo leggero ». Fu un istante, e notai vicino a me una persona, anch’essa fluttuante nell’aria, che mi tendeva le braccia sorridendomi. Rimasi sbigottito riconoscendo in lei una donna, deceduta circa un anno prima e a me molto cara. Poi la visione svanì, e io rimasi ancora un attimo interminabile immerso in una grande quiete; provavo sensazioni bellissime, mai provate e difficilmente descrivibili ora; sentivo che la mia mente era libera di spaziare ovunque; quel nuovo stato mi eccitava, mi spronava ad andare avanti, anche se non sapevo dove... Mentre facevo queste considerazioni mi sentii risucchiato violentemente da una spirale che ruotava vertiginosamente, almeno così mi sembrò, e mi ritrovai di colpo nel mio corpo: mi sentivo rigido, pesante, ero intontito. Poi pian piano cominciai a muovere le braccia e la testa, che era ancora reclinata sulla spalla, facendo un grande sforzo...
In questa esperienza ritroviamo molti elementi caratteristici dell’uscita dal corpo improvvisa e inattesa; lo stato di irrigidimento che precede l’uscita; il fluttuare nell’aria, avendo la visione del proprio corpo disteso e come addormentato; il senso di gioia, di serenità, di libertà che l’esperienza extrasomatica conferisce; il comunicare senza bisogno di parole; l’incontro con l’entità. Infine il rientro improvviso, e in questo caso non voluto, nel corpo, dal quale il soggetto si sente addirittura risucchiato.
Questo soggetto visse la sua prima OBE in maniera serena, senza traumi; altre volte invece l’uscita dal corpo spaventa chi la vive. Ecco per esempio il caso di una ragazza ventenne:
Erano circa le 7:30 del mattino, ero a letto ancora intorpidita dal sonno e pensavo a quanto mi aspettava nella giornata: alle nove dovevo essere in ufficio, ma prima dovevo fare altre cose, dovevo quindi alzarmi al più presto. Ed ecco che mi accorsi di una cosa che fino a quel momento mi era sembrata normale e che invece non lo era:mi trovavo si nella mia camera, ma galleggiavo all’altezza del soffitto presso l’armadio, di fronte al letto. Notai che sopra l’armadio c’era molta polvere e pensai che dovevo pulirlo. Da quella posizione vedevo me stessa sul letto, coricata bocconi, con le lenzuola addosso, il braccio sinistro fuori dalle coperte, sotto la testa. Dalla camera attigua, ossia la cucina, sentivo i vari rumori prodotti da mia madre che preparava la colazione. La radio accesa trasmetteva le notizie del mattino. La finestra della mia camera era chiusa, ma nonostante l’oscurità io vedevo tutto come se ci fosse stata la luce del giorno. A questo punto, benché ancora perfettamente tranquilla, decisi di rientrare in me stessa, e mi ci ritrovai istantaneamente. Ma per quanti tentativi facessi, non riuscivo ad alzarmi: il corpo non rispondeva alle mie sollecitazioni. Cominciai a temere di esser morta e, in preda alla paura, decisi di provare a chiamare mia madre: questa decisione mi riportò fuori dal corpo, e il solo desiderio di vedere mia madre mi fece trovare in cucina, come se la parete divisoria non esistesse. Mia madre rimestava il caffè, mio fratello mangiava e ascoltava la radio. Chiamai mia madre più forte che potei, ma lei non si accorse di me, le tirai la manica per farla accorgere della mia presenza, ma invano. Lo stesso feci con mio fratello, ma col medesimo risultato. Allora tornai presso il mio corpo, ben decisa e con rabbia disperata: non volevo esser morta! Concentrandomi sulle singole parti del corpo, cominciando dalle dita, riuscii finalmente a muovermi...
In seguito questa ragazza raccontò ogni cosa, anche arrabbiandosi molto, alla madre e al fratello; non volevano crederle, ma dovettero ricredersi quando lei fu in grado di riferir loro nei dettagli quanto avevano fatto e le notizie che la radio aveva trasmesso.levano crederle, ma dovettero ricredersi quando lei fu in grado di riferir loro nei dettagli quanto avevano fatto e le notizie che la radio aveva trasmesso.
In altri casi l’esperienza può verificarsi durante la pratica dello yoga o la meditazione, come per esempio è avvenuto a una giovane signora di Milano:
Vidi una luce blu-viola, mi ci sono « tuffata », e questo velo colorato si è aperto. Simultaneamente ho sentito che una forza mi aspirava e mi sono ritrovata in un tunnel. Mi sembrava di muovermi con estrema velocità, le pareti giravano rapidamente, in fondo c’era una luce bianca, dolce, calda. Sentivo che mi univo a una forza terribile fatta d’amore, e avrei potuto andare oltre nella luce, ma il maestro ci ha richiamati, dicendo che dovevamo prepararci a muovere il nostro corpo, che la meditazione era terminata. Non avevo voglia di rientrare, ma sentivo che rientravo, mio malgrado.
Questa esperienza è stata definita dalla protagonista come « una straordinaria esperienza di felicità. La luce, che si ritrova anche in altri casi, è vissuta come « amore »: « Amore — dice la protagonista — con tutto quello che comporta di dono di se stessi, tenerezza, unione totale .
Altri ancora vivono l’OBE in seguito a eventi traumatici: incidente stradale, operazione o altro. Ecco il caso di un signore di una quarantina d’anni che visse la sua OBE a causa di un’apnea troppo prolungata:
Mi ero recato con la famiglia a San Fruttuoso, ove poco allargo della punta, a una decina di metri di profondità, c’è una statua, quella del cosiddetto Cristo del mare. Era la prima nuotata della stagione e mi riproponevo di andare a vedere la statua. Lì giunto, mi immersi e nuotai abbastanza a lungo. A un certo punto mi sentii pervadere da uno stato di immensa serenità e gioia, certo non insolito a chi fa prolungate immersioni in apnea. Persistetti incautamente in quello stato, così che avvenne che mi vidi nettamente accasciato in fondo al mare, presso il basamento della statua, con il petto e il viso contro la ghiaia. Mi sembrava di occupare ora uno spazio grandissimo, ora piccolissimo; vedevo la luce del sole riflessa sul mare e il mio stato era di un benessere tale da non essere descrivibile, o almeno è superiore a tutte le gioie che comunemente si provano, come diventare padre oppure liberarsi da un’oppressione. Solo il desiderio di rivedere la famiglia mi decise a far muovere il corpo dalla posizione immersa in cui si trovava. Risalii come un turacciolo, con grave rischio, tant’è che persi sangue dalle orecchie; poi chiesi aiuto a una barca che stava arrivando...
Riporto i commenti di questo signore, che visse anche un’altra OBE in seguito a un avvelenamento da medicinali scaduti. Con riferimento a entrambe le esperienze, egli dice:
Il mio corpo non mi sembrava molto attraente, come uno che si guarda per troppo tempo nello specchio. Mi rincresceva di dover tornare indietro e ho fatto entrambe le volte con evidente sforzo di volontà. Mi pareva che tutto fosse infinitamente « senza importanza », come se il destino di tutti in quella condizione fosse molto più felice della vita nel corpo. Vedere il corpo fisico è come vedere un abito al quale si è affezionati.
In questa esperienza il corpo viene considerato con distacco, e lo stesso avviene in quasi tutti i casi di cui sono a conoscenza. C’è chi ha definito il corpo un « contenitore », chi un «abito vecchio », chi addirittura ha faticato a riconoscerlo. Riporto per esempio i commenti particolarmente espressivi di una ragazza di ventisei anni, che ebbe una OBE in seguito a una gravissima emorragia:
Sono una giovane donna di ventisei anni, che ama la vita e ha cura del suo corpo, anzi lo cura, mantiene la linea snella, lo lava, lo trucca, lo profuma, lo veste bene e così via: non riesco ancora adesso a capire l’indifferenza che avevo in quel momento verso il mio corpo, che mi appariva insignificante, non mio, pur riconoscendolo...
L’OBE significa, per chi la vive in situazione di stress, la totale sospensione dei dolori e delle sofferenze; in altre parole, anche se il corpo è ammalato e sofferente, «fuori » ci si sente perfettamente bene. Ecco un esempio:
Due anni fa mi trovavo in vacanza alle Eolie, con mio figlio quattordicenne. Una sera, dopo cena, mi sedetti in terrazza. Più tardi a letto cominciai a sentirmi male e a vomitare per ore: con angoscia aspettavo che sorgesse il sole per chiamare qualcuno degli isolani vicini di casa e far venire un medico. Seppi poi che si trattava di congestione. In quelle notti avevo fatto dormire mio figlio nella mia stanza perché era leggermente indisposto. Non so come, mi ritrovai, senza più dolori né nausea, stesa al di sopra del mio corpo, a circa un metro di altezza, ma ero di una sostanza simile a una nuvola densa. Non ricordo cosa pensassi, tentai prima allegramente poi ansiosamente di scuotere mio figlio per svegliano, ma la mia mano gli trapassava il corpo come se fosse stato fumo. Lo chiamai ad alta voce, almeno così mi sembrò, ma lui non si mosse.Ebbi paura e con tutte le mie forze volli tornare giù. Mi «risvegliai » nel corpo e ricominciai a sentirmi male. Guardai mio figlio che dormiva, era nella stessa posizione in cui l’avevo visto dall’alto...
In questo caso, oltre alla sospensione dei dolori, troviamo un altro elemento importante: l’impossibilità di farsi notare.
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