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EVOLUZIONE DELLE TARTARUGHE, Una storia lunga 280 milioni di anni

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view post Posted on 4/9/2003, 01:24
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L'EVOLUZIONE DELLE TARTARUGHE


La filogenesi (cioè lo studio della storia evolutiva) delle tartarughe è indispensabile per tentare di comprendere il successo biologico nel corso di milioni di anni. E' straordinario indagare il passato e le testimonianze fossili per tentare di risolvere uno dei più grandi misteri della storia biologica della Terra, l'estinzione avvenuta quasi contemporaneamente 65 milioni di anni fa (alla fine del
Mesozoico), di tantissimi ordini di rettili (tra cui i giganteschi dinosauri). Le tartarughe sembrano aver superato indenni quel cataclisma, conservando per di più caratteristiche anatomiche e biologiche primordiali. In effetti, l'ordine dei Cheloni è uno dei più antichi tra i rettili: le prime forme fossili che vi si possono includere risalgono al Permiano, e cioè a 280 milioni di anni fa. I primi rettili
comparvero nell'Era Paleozoica, probabilmente nel Carbonifero (345 milioni di anni fa), da un gruppo di anfibi primitivi già completamente affrancati dall'elemento liquido; questi esseri avevano un corpo tozzo con una robusta ossatura (il cranio era composto da poche ossa massicce e senza apertura) e si muovevano come le attuali salamandre, ondeggiando col corpo e con la coda e strisciando parzialmente con l'addome. Gli scienziati li hanno chiamati rettili Seymourioidi e raggruppati nei Cotilosauri. Da essi, anche se i passaggi intermedi sono dovuti più alla fantasia degli studiosi che ai ritrovamenti fossili, si andarono differenziando la altre linee evolutive di rettili, e soprattutto quella che porterà alle tartarughe.Un piccolo gruppo di cotilosauri, infatti, caratterizzato da piccole dimensioni (si estinse nel Triassico e cioè 225 milioni di anni fa), possedeva già un dorso "indurito" da numerosi noduli ossei nella pelle, mentre il torace era protetto da un allargamento e un appiattimento di tutte le ossa del cinto scapolare e dello sterno.
Le prime testimonianze fossili di questi discussi progenitori dei cheloni (le ossa ritrovate sono incomplete e non provano affatto che questi esseri siano il primo possibile gradino evolutivo delle tartarughe), provengono dal Sud Africa e gli scienziati li hanno chiamati Eunotosauri africani.I primi veri fossili (200 milioni di anni fa) di un gruppo progenitore degli attuali cheloni furono rinvenuti in rocce del Triassico superiore in Germania; si tratta dei resti di alcuni esseri con la disposizione delle lamine ossee sul carapace e sul piastrone simile alla conformazione anatomica delle attuali tartarughe marine e dei Dermatemidi.I Triassochelidi, come furono denominati, avevano però una caratteristica unica (che ricorda le origini cotilosauriane), cioè la presenza sul palato di piccoli denti. Di abitudini primitive terrestri, queste tartarughe si evolsero in una moltitudine di forme sia acquatiche sia palustri: tutte sono raggruppate nel sottordine Amphichelydia, estinto in tempi recenti (nel Pleistocene), ma dal quale si originarono gli odierni Criptodiri e Pleurodiri. Quest'ultimo è il sottordine più primitivo dei cheloni attuali, senz'altro staccatosi dagli amphichelidi in una fase iniziale della loro evoluzione. Raggruppa le tartarughe che svilupparono un collo retrattile secondo un piano di rotazione laterale (ed altre peculiarità anatomiche, come la fusione delle pelvi al "guscio"). Delle due famiglie conosciute (entrambe con rappresentanti viventi), i Pelomedusidi hanno resti fossili già nel Giurassico (circa 136 milioni di anni fa) rinvenuti in Inghilterra, Africa e Stati Uniti, mentre i Chelidi (con un lunghissimo collo e specializzati nella caccia ai pesci) si ritrovano fossili alla fine del Cretaceo in Europa e Nord Africa. Anche i Criptodiri si differenziarono precocemente dagli amphichelidi (le forme più primitive, molto vicine all'odierna Dermatemys mawii, erano semiacquatiche) e evolsero il più efficiente metodo di retrazione verticale del collo. Dalle forme vicine ai dermatemidi derivarono gli Emididi e i Testudini, sicuramente le famiglie di maggior successo evolutivo tra tutti i cheloni. Tra le altre famiglie di Criptodiri, hanno avuto in un certo senso storia evolutiva a parte i Chelonidi ed i Dermochelidi, gruppi che dopo un'origine terrestre si adattarono ad una vita prevalentemente marina od oceanica, con profonde modifiche anatomiche e biologiche e il mantenimento di caratteristiche primordiali (come l'incapacità di retrarre il capo). Allo stato fossile si conosce una terza famiglia di tartarughe marine, i Protostegidi, ben rappresentata nel Cretaceo, ma estinta nell'Oligocene. Vi appartenevano esseri di grande taglia, abili nuotatori (come indicano le grandi zampe a paletta e il guscio molto ridotto e senza lamine ossee); al genere Archelon si ascrive il gigante tra tutte le tartarughe mai esistite: era lungo più di tre metri e mezzo e pesava sicuramente più di due tonnellate.
Passata in rassegna a grandi linee la filogenesi dei cheloni, non risulta ancora chiaro il perché del loro successo evolutivo e, soprattutto perché essi per più di 150 milioni di anni siano rimasti relativamente immutati. Sicuramente molto di questo successo è dovuto all'acquisizione del caratteristico guscio, presente fin dai primordi della loro evoluzione, anche se in parte modificato nelle
famiglie attuali. Con questa protezione essi potevano resistere agli attacchi degli innumerevoli predatori nei loro ambienti: difatti le specie attuali più aggressive sono anche quelle con un guscio più ridotto e le zampe più "attrezzate" per la fuga o l'attacco. Segni di questa utilissima difesa passiva sono stati anche l'evoluzione, a più vie, di un capo retrattile nel guscio e di un piastrone mobile "a cerniera" per ritirarvisi completamente. Nei gruppi attrezzati per difendersi attivamente, invece, le fauci sono robuste armature di una tagliente lamina cornea e il capo e spesso protetto da larghe scaglie. La scomparsa dei denti è stata una scelta opportunistica motivata da una dieta inizialmente onnivora (un becco corneo era sufficiente per tagliare le erbe e le foglie di cui prevalentemente si nutrivano, e anche per dilaniare le prede occasionali o le carogne in cui si imbattevano). Questa mancanza di specializzazione nella dieta permise loro di espandersi in tutti gli ambienti disponibili adattandosi ai diversi climi; ciò permise alla maggior parte delle famiglie di superare le drammatiche conseguenze climatiche e ambientali derivate dal frazionamento negli attuali continenti dell'unica originaria piattaforma continentale (Pangea).
I primi cheloni erano sicuramente terrestri, poi via via prevalsero le forme palustri e semiacquatiche; quelle che acquisirono una vita prevalentemente o completamente acquatica assottigliarono il guscio, per rendere il corpo più leggero e quindi più facile la fuga, e ripresero caratteristiche primitive come il capo non retrattile. Forse non sono solo queste le scelte biologiche che hanno aiutato le tartarughe a giungere fino a noi; altre caratteristiche vi hanno senz'altro contribuito; purtroppo tutte non basteranno a salvarle da quello che è il peggiore cataclisma che stanno affrontando: la coesistenza con l'uomo.



 
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